venerdì 14 settembre 2012

D Repubblica: cosa ne pensano le madri?

D Repubblica oggi pone l'accento su una problematica che incalza ogni anno di più e pone alle lettrici la fatidica domanda:


Hai già fatto i conti di quanto ti costano materiale e libri scolastici quest'anno?I buoni libro ormai sempre più spesso inesistenti, volumi continuamente modificati e quindi non acquistabili usati, dizionari, e poi quaderni, penne per non parlare dei computer. La scuola è appena iniziata e noi ci ritroviamo più poveri. Quanto hai speso finora?


Cara Repubblica,
alla sottoscritta questa sorta di Vangeli nostrani sono costati veramete troppo! Da mamma apprensiva quale sono, già due settimane prima dell'inizio della scuola avevo reperito ogni tipo di sussidiario, persino le sei pagine di religione, astutamente fatte passare per "libro". Ho scoperto di aver collezionato talmente tanti numeri da poter giocare al Lotto sperando almeno in un 5, viste le miriadi di combinazioni possibili:
6 sono i giorni che ho dovuto aspettare per la consegna. 15 i kilometri fatti tra una libreria e l'altra. 20 gli euro di benzina spesi. 3 i giorni in cui ho vagato avanti e indietro dal portabagli dell'auto a casa per estrarre quei 27 mattoni un tot alla volta. 2 bustine di Aulin per assopire la sciatica che si era giustamente ribellata all'impresa titanica che l'aveva coinvolta. Un buco di 263 euro sul badget mensile... e siamo solo alla I media, materiale didattico escluso. 
Mi chiedevo ora se giocarli su Roma, Torino o su tutte le ruote.

L'emozione per il nuovo ciclo scolastico di mia figlia si è tramutato ben presto in sconforto di fronte al carrello vuoto al supermercato. Ora guardando la mia libreria, penso a tutti quei libri, che non sono costati un occhio della testa, né tanto meno un secondo o terzo lavoro ai miei genitori. Guardo mia figlia, la vedo felice armeggiare con le sue copertine nuove e penso che forse, oggi giorno, due lavori non bastano.


giovedì 13 settembre 2012

Motta Filocastro: una Fiaba tra le colline calabresi

di Laura Ru


C’era una volta, su un vecchio promontorio a picco sul mar Tirreno, un piccolo borgo che ancora oggi profuma di antico; le cui abitazioni si erigono su pietra biancastra e le cui strade sembrano esser state dipinte da un pennello fatato. 


Ma tutto questo non è l’inizio di una favola, bensì Motta Filocastro, piccola frazione di Limbadi in provincia di Vibo Valentia, immersa in una folkloristica Calabria e resa viva da gente che porta avanti valori e tradizioni di una Terra ancora troppo poco considerata.


Noi di CCT siamo giunti qui per farvi vivere uno dei Festival più spettacolari del Sud d’Italia. Inizio Agosto, il caldo si fa sentire già di prima mattina, dalla finestra di una vecchia abitazione in pietra e ciliegio, scorgiamo gente affrettarsi, indaffarata sotto al sole. In men che non si dica l’atmosfera del Filocastrum Fest riesce a farci scordare la nostra epoca, il new digitaly e le metropoli, e ci immergiamo come d’incanto nel lontano Medioevo.


Raccontando le gesta di Ruggero D’Altavilla, Gran Conte di Calabria e Sicilia, gli abitanti travestiti da antichi normanni e giovani pastori, conducono turisti e non in un Mondo fatto di storia, leggende e vecchi ricordi tramandati. Motta Filocastro apre le porte all’antico regno D’Altavilla, alla sua nascita, e così i cittadini aprono le loro case, botteghe e garage, che diventano teatro per vecchi mercati e scene di antiche professioni risalenti al XI secolo.


Il vecchio Frantoio ci viene spiegato da Giovanni Muzzupappa, erede del Frantoio Mafrica, che grazie alla sua passione rende tangibile, anche a noi profani, l’antica arte dell’olio. Tra danze, falconieri, musici, commedianti e giocolieri si fa festa banchettando con prodotti tipici, espressamente cucinati da donne mottesi e serviti da giovani pieni di amore per una Terra che sa donare. {....}

to be continued on CCT-SeeCity

mercoledì 12 settembre 2012

Vademecum per sportive senza sport

Settembre: come ogni anno litigare con il proprio fondoschiena per la figura non proprio positiva fatta in spiaggia, fino a qualche settimana prima, non cambierà di certo la situazione. Dai! Parliamo insieme di quella che ogni Donna ritiene una problematica basilare dopo una certa età: lo sport da praticare a inizio anno "accademico".


Innanzitutto porrei l'attenzione sul verbo utilizzato: praticare. Ebbene si signore uno sport si pratica. Lo dico a voi per metabolizzarlo meglio anche io; è come prima di un esame o di un'interrogazione, ripetere attiva delle aree del cervello che facilitano la memorizzazione. Allora eccomi qui a dirvi che bisogna agire,
praticare,
sforzarsi,
agitarsi,
impaurirsi... no niente allarmismi!
Proviamo a tornare indietro di due tre verbi.
Allora dicevamo: praticare; perchè la solo iscrizione non basta per poter pronunciare le fatitiche parole: "Vado in palestra". Se sei iscritta e hai varcato la soglia del centro sportivo quattro volte, di cui due erano per acconto e saldo in segreteria, non vai in palestra, ti fai vedere sporadicamente in palestra.
Sono fantastiche quelle donne che dicono di praticare uno sport senza aver il ben che minimo risultato. Si, so che parlo di tua sorella o di quella tua amica, probabilmente anche tu rientri in questa lobby del dolce far mentale, che ci giustifica di fronte all'incombenza di un fondoschiena moscio, ma non potrai far finta a vita che per quanto tu sia restia alla propaganza della donna come oggetto sessuale, del corpo come merce di marketing, dell'oggettività del concetto bellezza, a te quella cellulite e tutto quel flaccidume non ti piacciono proprio.


Allora eccoti, a inizio settembre piena di buoni propositi, appena rientrata dall'ultima giornata all'insegna di mare, sole e un costume troppo odiato. Sei li che rifletti con chi andare, come andare e soprattutto cosa metterti a fare. Questo post è per te, perchè nella confusione di una decisione così banale, seppur significativa, volevo farti sapere che ci sono anche io su questa barca, mal comune mezzo gaudio, ma quando c'è anche una pseudo soluzione non potevo non renderti partecipe.

1) Ho notato che per essere perseveranti -o almeno tentare- dovremmo far leva sul nostro senso di dovere e semmai dovesse vacillare, giocare la carta dell'amica o dell'amico da non poter lasciare solo alla 5 lezione per colpa della sciatica, della giornata pesante in ufficio o del bimbo che fa i capricci proprio appena stai per uscire dalla porta. Ancorarti ad un amica potrebbe far la differenza.

2) Il materiale: racchetta da tennis, tuta da spinning, scarpe da ballo o ciabatte per la piscina. Acquistare porta inesorabilmente a sfruttare ciò che si è comprati per non aver l'idea di aver sprecato soldi inutilmente.

3) La lezione di prova. Senza una dimostrazione tangibile di ciò che idealmente avete scelto di fare, potreste ritrovarvi tra le grinfie di una grintosa trainer che vi condurrà all'uscita in meno di 3 lezioni, se il massimo che avete mosso nella vostra vita è il tappuccio di una biro da una scrivania all'altra. Apprezzare un insegnante e il tipo di lavoro che propone potrebbe essere un buon inizio per imparare ad amare uno sport. L'empatia crea fiducia e la fiducia rende più predisposte all'apprendimento.

4)Essere affascinate da ciò che state andando ad intraprendere. Cosa ho scelto io quest'anno? Tango, una semplice e arzigolata camminata sulla sensualità mentale. Rapita e estasiata da una Milonga lungo le rive del Tevere, tenterò l'impossibile, far danzare l'elefante che è in me.


Questo non vuole essere un vero e proprio vademecum per sportive senza sport, più che altro un consiglio amichevole, perchè a volte terminare una giornata pesante, con un po' di moto, cambia l'umore e ognuna di noi avrebbe diritto a un sorriso in più.



lunedì 10 settembre 2012

I passi di Giulia



                                                                                                          16 maggio

Sono rientrata oggi nel mio appartamento e mi sono resa conto che non è così spoglio come immaginavo. Forse non erano i suoi oggetti ad essere ingombranti bensì la sua presenza. Sono entrata piano, in punta di piedi, con la bimba paonazza tra lacrime ed urla; tutto questo mi ha reso occupata e mi ha dato inizialmente l’impressione che fosse meno triste, meno penoso. Ma non appena ho messo Chiara nel suo lettino, sfinita dal viaggio e dai pianti, mi sono resa conto di quello che era successo. Le mensole in alto a sinistra erano vuote, gli armadi semiaperti, il letto sfatto e il bagno incasinato. L’ultima manifestazione del suo disinteresse. Non credevo potessi sentirmi così triste. La separazione è un lutto senza funerale, andrebbe commemorata.

- Io Giulia lascio te, Carlo, come mio non più legittimo sposo e prometto di non amarti e non onorarti finché morte non ci separi.

Ho passato la giornata a crogiolarmi nella malinconia. Ho girato per casa in cerca di ciò che poteva sembrarmi diverso e ho trascorso minuti con lo sguardo fisso ad aspettare che una mensola vuota mi desse una risposta sul perché mi ero ritrovata ad essere una donna separata.

La verità è che né Giulia né qualsiasi altra parte della casa riuscirono a rispondere al quella domanda.{...}




Passo tratto dal racconto I passi di Giulia