domenica 18 dicembre 2011

I "NO" che una Donna dovrebbe dire spesso non corrispondono a quelli che dice



I “NO” che una Donna dovrebbe dire sono infiniti. Quelli che in realtà dice sono solo un numero abbastanza cospicuo. Facciamo qualche esempio di ciò che intendo per “NO”:
“No caro collega, non finirò il lavoro al posto tuo solo perché il mio errato retaggio culturale mi induce a sobbarcarmi di un numero elevato di responsabilità pur di essere reputata all’altezza”.
“No amore mio, non alzerò il tuo calzino sporco, sarai tu a portarlo nella cesta del bagno”;
“No gentilissima signora del piano di sopra, non attenderò che la sua famiglia di elefanti inizi a martellarmi nelle orecchie alle 6 del mattino solo perché le pantofole le danno l’orticaria o perché non sa educare sua figlia” .
Di “NO” se ne dicono sempre meno di quanti dovrebbero esser detti, non vorrei generalizzare troppo, eppure dall’esterno una Donna spesso viene percepita come una totale rompipalle; nessuno riuscirebbe mai a immaginare quanti sono quelli tenuti a forza nel cassetto.
Così si impara a comunicare con assurdi giri di parole o banali allusioni.
-  Cosa sarebbe a dire che usi la contraccezione orale? – chiede il marito.
-  Che tu me lo chiedi e io dico “NO”- risponde la moglie


Sta di fatto che dal concetto di un semplice “no” omesso deriva un interminabile susseguirsi di incombenze. Spesso un “NO” represso crea una catena di “smontaggio”, un circolo vizioso altamente infiammabile.
L’altra mattina con un’amica si parlava di “chiudere entrambi gli occhi difronte alle classiche peripezie “quotidiane” dei mariti, tanto da sembrare ormai un club di talpe”. Quei famosi “NO” non detti creano il buio difronte a noi; tutte talpe che si scoprono arrabbiate, poi sconfortate e infine rassegnate.
Spesso ci rendiamo conto della bomba a orologeria che si cela dietro a questa innaturale omissione ma ci mordiamo la lingua pur di non pronunciare quel “no”, per non creare ulteriori problemi o magari solo perché siamo state costrette a pensare di averne elencati troppi fino a quel giorno. Altre volte evitiamo perché da troppo tempo non ascoltate, che ripeterne un altro non avrebbe senso, i peggior sordi alla fine sono proprio coloro che non vogliono sentire. Qualsiasi sia il motivo che porti a rinchiudere sottovuoto quei fatidici e costruttivi “NO” spesso è solo il preludio di guai.
Prendiamo per esempio una convivenza: la mancanza di un gran bell’incisivo “NO” al proprio compagno spesso porta a deresponsabilizzarlo sotto molti aspetti, ed ecco che ci si ritrova a fare gincane tra calzini e oggetti sparsi per la casa, mentre con una mano si tiene il Mondo e con l’altra l’Universo. No, non sono esagerata se dico che mio marito pur non omettendo io nessun no, dopo 7 anni i calzini se li dimentica un giorno si e uno no, e quando ricorda di “non doverli lasciare in giro”, invece di fare due passi verso il bagno, si limita a avvicinarli, l’uno accanto a l’altro, stretti stretti in un angolino ai piedi del letto; come se così fossero meno in disordine. Non mi soffermo sul fatto che quell’angolino dove è solito lasciarli è a ridosso del termosifone, ai posteri l’ardua sentenza, a me il risveglio tra il profumo di fiori di lavanda.
Secondo me i “NO” andrebbero detti con una cadenza regolare per evitare queste forme di deresponsabilizzazione. 
Iniziamo a sentirci in diritto di tirarlo fuori qualche santo “NO”!

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