domenica 30 gennaio 2011

RIVOGLIO LA GONNA

Ora vi lascio con una semplice affermazione: "RIVOGLIO LA GONNA" e con una  immagine.


Cosa intendo?
...........................
Buona immaginazione a tutte...

sabato 29 gennaio 2011

Io Sono la mia soggettività nell'oggettività di un'iniziativa


Dell’iniziativa IO SONO promossa da Società usa e getta ne hanno parlato e ne parleranno ancora riviste e giornali, tv etc etc; quello su cui oggi vorrei soffermarmi è solo un piccolo aspetto che si è accostato a questo progetto, ma che trovo rilevante. Premesso che adoro la libertà e credo che aderire o meno a questa iniziativa sia una scelta individuale da rispettare; credo anche che la mia libertà finisca nel punto esatto dove sta per iniziare la tua, altrimenti possiamo parlare di anarchia. Credo che ognuno sia libero di appoggiare o meno un progetto e di contribuire o meno alla sua riuscita. Quello a cui non credo è la mancanza di rispetto. Sulla scia degli ultimi eventi, noti soprattutto al pubblico di Gad Lerner, alcuni e fatto ancora più sconvolgente “alcune”, hanno deciso di non aderire ma non nel rispetto delle scelte di ognuno bensì offendendo l’iniziativa e perciò anche me e le tante donne che ne fanno parte.

venerdì 28 gennaio 2011

In Italia è una questione di scelte: utero in stand by o pannolini maleodoranti

"Per emergere e rivendicare la loro esistenza produttrice oggi le donne devono rinnegare la loro femminilità."



Oggi il merito del tema non va dato a me ma è tratto da un pezzo di una giovane scrittrice, Virginia Odoardi. Questa mattina devo ammettere che il suo articolo, pubblicato dalla rivista online Padova Donne"Mamme a caro prezzo" , ha alimentato quella sensazione di “fastidio” che contraddistingue non solo me, ma molte donne negli ultimi tempi, visti gli eventi che stanno alimentando la stampa nazionale e internazionale. Mi ha fatto riflettere su una visione generale... come continuiamo a vivere così nel nostro Paese?
Non basta infatti l’umiliazione del proprio corpo per un tornaconto materiale, di fatto ci sono problematiche che non bisogna dimenticare, come per esempio la maternità e il proprio diritto al lavoro. Tradotto in altre parole: “Vogliamo lavorare? Vediamo di non rimanere incinte se teniamo alla carriera”.

giovedì 27 gennaio 2011

Il Giorno della MEMORIA




"Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga." -Primo Levi-


Un silenzio che vale più di mille parole... per non dimenticare...per non ricadere...per non cancellare.

mercoledì 26 gennaio 2011

Ruby? Si, ma solo la Dignità a Te Stessa.

Ruby?
Si!
     ....  Ma solo la dignità a te stessa.



Non voglio fare la valletta, non ho neanche un seno prorompente, tanto meno rifatto, non sono una taglia 40, non voglio far parte di una scuderia tanto meno se viene definita così un’agenzia di moda e spettacolo. Non amo la popolarità, tanto meno cene strane in postriboli ancor più strani. I cubi li uso come scaffali per metterci i libri e non per farci salire il mio fondoschiena. Al palo, se così si può chiamare l’appendiabiti che ho all’ingresso, ci appendo il cappotto quando arrivo a casa e non il mio corpo.. prima di venire. Io sono questo e mille altro ancora, tu sei questo e mille, un milione, un miliardo di altre sfaccettature ancora. Io pretendo di non essere rappresentata da “donne” che calpestano se stesse e la propria morale inseguendo sogni vani e notorietà fittizia, attraverso l’uso del proprio corpo. Io NON voglio e non SONO nulla di ciò che loro rappresentano oggi per la Società. 

sabato 22 gennaio 2011

Maschi e influenza: quando neanche la conoscenza basta per tutelarsi

37,2° C, coma irreversibile, staccare la spina, bip bip biiiiiiiipppppppppppppppppp________________


No, non è l’ultima puntata di Grey’s Anatomy, ma l’ultima statistica “sull’Essere maschile e le influenze stagionali”. Due giorni fa ascoltando una delle mie radio preferite, Pippo Pelo presentando questo studio, ammetteva pubblicamente che un uomo con una leggera influenza e alterazione della temperatura corporea equivale ad un vero e proprio problema… societario, aggiungerei io. Mi spiego meglio: avete mai visto vostro padre, il vostro ragazzo, vostro  marito, vostro fratello, o persino qualche amico riuscire a stare in piedi oltrepassati i 37,5° C. Togliendo le eccezioni, che io ho avuto la fortuna di conoscere personalmente, devo dire che i più si riducono ad un canavaccio vecchio e come se non bastasse ti conducono inesorabilmente nel ruolo di Crocerossina, che passati i vent’anni hai consapevolmente abbandonato. 
Dopo una giornata piena di impegni te lo trovi li, moribondo nel letto, che quasi quasi all’inizio fa tenerezza…ho detto “quasi quasi” e ho aggiunto “ all’inizio”.

mercoledì 19 gennaio 2011

UN "POVERO FIGLIO MIO" C'E' IN TUTTE LE FAMIGLIE?

Oggi entrerò sul personale ma DEVO parlarvi delle donne della mia famiglia, tutte geneticamente modificate, acciaccate e con due tarli in testa. Oggi ho bisogno di urlare al Mondo che io NON ho contratto la malattia del “poro fiio mio”, che in romano significherebbe “povero figlio mio”; probabilmente perché sono immune o più semplicemente perché non ho un figlio maschio.
Nella mia famiglia vige la regola che se hai un cromosoma Y sei automaticamente da tutelare, come una specie protetta in tempo di caccia, le donne invece si schierano al fianco dei loro figli “maschi” con lance e spade e guai essere le malcapitate che hanno offeso, litigato, sposato o solo chiesto qualcosa al “poro figlio loro”, perché si viene immediatamente catapultate nella zona nera. 

martedì 18 gennaio 2011

CHE UOMINI POSSIAMO CERCARE CRESCENDO CON UN KEN SENZA ATTRIBUTI


Barbie sposa, Barbie glamour, Barbie shopping, Barbie principessa… chi non ne ha mai avuta una. Che dico!! Chi non ne ha mai avuta più di una.
Parlo di te, che già al solo pensiero della tua Barbie sorridi e ora scorri nella mente l’elenco di tutte quelle che avevi nel cassettone della tua cameretta. Alcune le trattavi bene per settimane, altre finivano quasi subito con i capelli arruffati, deprivate di ogni vestiario, spesso perfino senza una gamba. Parlo proprio di te che le cambiavi abiti e ne costruivi di nuovi, con carta scottex, plastica, sciarpe e foulard “presi in prestito” dalla camera della mamma". Tu che non sei diventata ne' una stilista ne' una sarta, ma che all’epoca eri nella top ten delle riviste di moda.

lunedì 17 gennaio 2011

SEMPRE DI TETTE SI PARLA

Umiliata perché allattava al seno sua figlia, in un’aula di un istituto scolastico, mentre si svolgeva una riunione insegnanti-genitori. La riflessione di oggi deriva dall'articolo che ho scritto questa mattina e che è stato pubblicato dalla rivista online Notizie Fresche: "Vimercate, umiliata perchè allattava in pubblico" .
Cosa penso io da donna, madre e per di più al 7° mese di gravidanza? Credo sia facilmente deducibile per chi mi segue da un po’; quello che mi chiedo è cosa pensava quella direttrice nel momento in cui indispettita, sgridava la mamma, non più scolaretta, per aver adempito ad uno dei gesti più belli e naturali esistenti in questo Mondo. 

domenica 16 gennaio 2011

INFINITE PORTE PER UN'UNICA VITA


“Porte”, se sapessi scrivere un libro lo intitolerei così. Sembrerebbe alquanto riduttivo, ma c’è un perché: nel mio immaginario sono magici oggetti che possono tutto: chiudono, aprono, delimitano, dividono, avvicinano. Le porte sono esse stesse il tutto e spesso il nulla nella vita di ognuno. A chiunque è capitato di imbattersi in una di loro, spesso più volte nella vita.

A te che in alcuni momenti le hai veramente sofferte quelle porte in faccia, ermeticamente chiuse di fronte ai tuoi occhi, mentre con le mani invano cercavi uno spiraglio per evitare quella chiusura forzata. A voi altre che le avete socchiuse le vostre piccole porticine e lasciate intravedere quanto basta per comprendere la vostra voglia e la vostra paura nello spalancarle, esplorarle, urlarle, viverle. 
C’è chi invece crede di doverla assolutamente oltrepassare la sua porta, perché come un muro sta gravando sulla sua schiena, sui fianchi, sulle gambe, fino a raggiungere l’anima, anche se fuori è buio. Oppure perchè al di là c'è una meta ambita e perseguita. Quante donne almeno una volta ne avranno costruite, erette e inchiodate; quante ne avranno gettate le chiavi per non doverci più entrare, quante invece ancora le custodiscono.
Tutte noi di porte ne abbiamo avute, ne abbiamo ora e ne avremo domani; le porte sono tutte intorno a noi. 

Se dovessi scrivere un libro, se sapessi scrivere un libro, ebbene si parlerebbe di falegnami perfette e scrupolose, in una vita complessa, del loro vasto magazzino di usci variopinti e ai loro mille modi originali di crearli, chiuderli, aprirli, avvicinarli, allontanarli, viverli.

sabato 15 gennaio 2011

UN NUMERO PRIMO E I MILLE VOLTI DELLA SOLITUDINE

Troppo simili, troppo vicini eppure così diversi e separati da non potersi con-fondere mai. Questi sono i numeri primi e la loro eterna solitudine. Chissà se Paolo Giordano lo ha mai incontrato il suo di numero, prima di scrivere di altri; chissà se il suo libro parlava di una mera utopia o di semplice realtà non razionalizzata dai più. 
Ognuno potrebbe avere il proprio numero primo, non tutti lo incontrano o non tutti lo recepiscono. Più che una visione sentimentalista, la mia è una triste consapevolezza che spesso ciò che ci completa non è ciò che abbiamo o che possiamo avere. Non parlo di relazioni amorose o comunque non solo; io parlo di quell’affinità che spesso va al di là dell’amore, della comprensione, della logica umana e dei limiti di una società e una cultura ancora non preparata a questa forma di dualismo.
Che gran prezzo da pagare per due numeri cosi vicini, eppure lontani, l'essere separati sempre e comunque da un numero nel mezzo, come un 11 e un 13. 

Il mio numero primo è stato un’entità talmente affine a me da affascinare ogni mia singola cellula, ma anche io come vuole il copione, da quella stessa vita  che me lo ha dato ne sono stata inesorabilmente separata; ho riposto sogni e speranze precipitate in un vuoto, quello della lontananza, perché il mio 12, quel numero che ci ha sempre diviso, era un vero e proprio separatore di anime affini. Quel 12 sono stata un po’io, in parte il destino, la vita, il mio stesso alter ego; quel 12 è per chiunque l’essenza della solitudine dei numeri primi; li alimenta e li fa vivere, allo stesso tempo li rende malinconici e insoddisfatti, soli e abbandonati. Il mio 12 è stato vita e morte.


QUANDO LE FOTO SU FACEBOOK DIVENTANO VERE E PROPRIE EPIC FAIL NON CHIEDERTI IL PERCHE’


Ed eccola lì, tra le news della tua pagina facebook, la sig.na XXX JJ conosciuta un miliardo di anni fa e che grazie al famoso social network hai avuto la possibilità di incontrare nuovamente, sempre se di incontro si può parlare quando si rimane nell’ambito del virtuale. Eccola lì nella sua forma più splendente, con un sorriso smagliante, eppure te la ricordi con i denti storti e l’alitosi per via di quell’apparecchio stantio. La rivedi e ti rendi conto che apparecchio per i denti escluso e seni prorompenti made in plastic surgery, poichè non possono per natura crescere così tanto dopo il vostro ultimo fortuito incontro di qualche anno fa, in cui ancora sembrava sposata con un piallatore professionista; lei in realtà non è cambiata poi così tanto, anzi forse tolto il trucco copri-difetti, con gli anni, “invecchiandosi”, a prima vista potrebbe anche sembrare peggio di quando eravate ragazzine, ma… Perché c’è un grosso “MA”, sotto a quella foto a 382 denti e mezzo spuntano commenti come: “Che bella!” –sarà sicuramente la sua migliore amica chiatta e brutta-; “Quanto stai bene in questa foto” –pensa come dovrebbe essere ora dal vivo-; “wow che figa”-no forse volevi dire che SFigA essere capitato su quella foto di prima mattina, allora si che concordo con te-.
I commenti su molte foto sono impareggiabili ma alcuni sono proprio al limite della decenza, poi si chiedono perché finiscono nel repertorio delle epic fail di demotivational; bisognerebbe dire a queste Facebook Friends di metterci il copyright su certe opere d’arte astratte, così facendo molti fotografi hanno fatto soldi veri; o di inviarle alla redazione di “Mistero” spacciandole per un avvistamento alieno, ma per favore consigliate a loro di farsele pagare, di trarre vantaggio da questa condizione almeno per rientrarci delle spese del dentista e del chirurgo plastico.

Non ci si può alzare e prima di mettersi al lavoro farsi dare il buongiorno da foto del genere, io intanto la segnalazione al team di facebook l’ho fatta, sotto che voce vi chiederete voi: beh…come “attacco ad individuo o a un gruppo”, così facendo ho tutelato anche voi tranquille!!!  


venerdì 14 gennaio 2011

DONNE IN RINASCITA

Ci sono dei momenti della propria vita in cui un film, una melodia, un libro, tre semplici parole rimangono impresse nella mente. Ci sono attimi in cui queste si ripropongo a te, impetuose e insistenti e tu le lasci entrare, perchè in qualche modo hanno contribuito a formare il tuo essere donna, perchè ti hanno accompagnato in quei momenti. Ci sono donne che ricordano una canzone, donne che parlano di frasi, dette da una nonna, da un'amica. Ci sono donne, come me, che hanno un contenitore pieno di queste "cose". Oggi ha bussato di nuovo alla mia porta un pezzo di Diego Cugia, alias Jack Folla e chissà che non diventi importante anche per qualcuna di voi e arricchisca così il vostro contenitore. 



"Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta, che uno dice: -è finita-. No, finita mai, per una donna. Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.
Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia. Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame peggio che a scuola. Te implacabile arbitro di te stessa che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti dovrai condannare. Così ogni giorno... e questo noviziato non finisce mai; e sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te che hai paura anche solo di dormirci con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita. Peggio se ci rimani presa in mezzo tu, perchè poi soffri come un cane. Sei stanca, c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare o che devi cambiare tu per tenertelo stretto; così ti stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene, sto meglio così" e il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua. In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo e ne hai buttata talmente tanta di anima che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata. Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento. Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine. Ed è stata crisi. E hai pianto. Dio quanto piangete! Avete una sorgente d'acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino, così improvvisamente che non potevi trattenerlo. E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore perché l'aria buia ti asciugasse le guance? E poi hai scavato, hai parlato. Quanto parlate ragazze! Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore. "Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?" Se lo sono chiesto tutte. E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile. Ecco, è qui che inizia tutto non lo sapevi? E' qui, da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così scomposta in mille coriandoli che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te. Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa. Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente: innamorarsi di nuovo di se stessi o farlo per la prima volta è come un diesel, parte piano, bisogna insistere; ma quando va, va in corsa.

E' un'avventura ricostruire se stesse, la più grande. Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli. Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo. Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto. Stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia, per chi la incontra e per se stessa....è la primavera a novembre, quando meno te l'aspetti."

giovedì 13 gennaio 2011

SE PENSATE CHE LA PERFEZIONE NON SIA DI QUESTO MONDO...


Se pensate che la perfezione non sia di questo Mondo, non avete ancora visto le donne che sostano davanti alle scuole dei propri figli, quelle che rimangono tutte le mattine per più di un'ora con una sigaretta in mano e discorsi "degni di nota".

8:26 tra meno di 5 minuti suonerà la campanella della scuola di mia figlia e davanti a me chi ti trovo, la classica signorotta borghese che ha deciso di sostare in mezzo alla strada per far scendere dall’auto che le ha regalato il marito ma che ancora non sa giudare, l’intera carica dei 101: l’amica, il figlio, il secondo figlio, un altro figlio ancora e un bassotto; tutto questo con una lentezza smisurata, cadenzando su quel tacco 12 esagerato di prima mattina, non curante del tempo che scorre e di noi poveri sventurati rimasti intrappolati su quella viuzza a causa della sua inettitudine. Finalmente riesco a parcheggiare e a far correre nell’atrio la mia bimba, che ormai abituata ai miei ritmi sembra una maratoneta oltrepassato lo start.

Avviandomi verso il parcheggio rivedo la mamma tacco 12, ma senza la sua carica dei 101, fatta eccezione per il bassotto che guarda in basso sconfortato. Lei intenta in un discorso tutto cultura, sfoggia il suo completino griffato, su quegli altissimi tacchi che la mattina non potrei mettere neanche volendo, vista la mia scarsa coordinazione fino alle 12:00.
Mi guardo intorno e vedo che non è l’unica, davanti a quel cancello ci sono tante piccole Barbie, tutte perfette, vestite a puntino e con grandi occhiali scuri, anche se fuori quasi piove; chissà forse non avranno il trucco, ma che dico, appena tolti gli occhiali, anche l’ultima ciglia è finemente colorata; ma loro li tengono allo stesso modo di come mia figlia tiene il cerchietto quando decide di essere “alla moda”, con la funzione di NON tenere i capelli ma si avere un fiocchetto sulla testa.

Tornando alla mia cara mamma mi chiedo: se per parcheggiare e far scendere 4 persone + 1 cane ci mette ben 4 minuti di orologio, per 1 trucco e parrucco del genere + scelta di 1 abito e 1 paio di scarpe, a che ora si alzerà la mattina? 

Le trovo fantastiche queste donne, sempre perfette, sempre con 1 ora libera da trascorrere davanti al portone della scuola dei propri figli, inconsapevolmente presenti nei loro compiti e puntuali al suono della campanella. Sono delle vere woMUM, lavorano, puliscono casa, accudiscono i loro figli, portano a spasso il loro cane e sono amorevoli con i loro mariti. Mi ricordano tanto il film “La donna perfetta” con Nicole Kidman, solo che qui non c’è un “ciack si gira” e non ci sono truccatori e parrucchieri che sbucano ad incipriargli il naso tra una scena e l’altra, qui le case non sono pannelli smontabili e i cani nella realtà lasciano peli e spesso anche odori poco signorili. Eppure eccole, perfette come nelle riprese di Franz Oz.

Da “la fabbrica delle mogli” a “la donna perfetta” fino ad arrivare alla scuola di mia figlia noto che sono proprio una mamma trasandata nel mio jeans premaman, con il mio cappottino nero, cappello copri capelli arruffati e le scarpe maschili all’inglese. Io che gli occhiali li tengo solo se c’è il sole o se le borse che porto quella mattina non sono nelle mie mani ma sotto i miei occhi. Io che litigo col trucco e alle 7:00 a mala pena riconosco la mia immagine riflessa nello specchio; che se devo tornare a casa accompagno mia figlia con una maxi tuta anti-femminilità. Io che posso entrare a far parte del gruppo facebook: “Marzian-Mum di fronte alle elementari”, mi chiedo proprio come ci riescano. 
Alla fine del film si scoprono dei robot.... ma alla fine della realtà?!?

sabato 8 gennaio 2011

MA LO RIVOGLIAMO SUL SERIO IL TEMPO DELLE MELE?



“Ridatemi il tempo delle mele, anche se non sono Sophie Marceau e il film è di quasi tre decenni fa.” –A. Del Prete- 


Ebbene sì, grazie alla Società e a tutti noi che ne facciamo parte, oggi alla soglia dei trent’anni, ancora si vive a casa di mamma e papà. Così ci si ritrova inesorabilmente a fare i conti con una vita “adulta” del tutto differente da quella che ci aspettavamo mentre scarabocchiavamo diari sui banchi di scuola. 

Si aspetta che escano i genitori il sabato sera per invitare la nuova fiamma e provare così il completino sexy che abbiamo tenuto nel cassetto per circa due mesi. 
Il letto nella nostra stanza, da qualche anno, è diventato ad una piazza e mezza, per poter così sperimentare almeno le prime due posizioni del kamasutra senza cadere ogni volta per terra; ma questo nostra madre ancora non lo ha capito e ce lo ha acquistato con l’idea che forse l’aumento del letto promuova un aumento di indipendenza, che puntualmente non avviene; anzi confortate dall’aggiunta della nuova mezza piazza sentiamo sempre meno la necessità di dovercene andare. 
La sera a cena nostro padre ci interroga sulla giornata lavorativa con lo stesso identico tono di quando eravamo alle superiori e noi dal canto nostro rispondiamo sempre con lo stesso repertorio, di cui “bene” è forse l’affermazione più gettonata. 
Con il tempo qualcuna riesce anche a conquistare nel weekend un posto in casa per il fidanzatino di sempre, ma la mattina in fila per il bagno rimane sempre un velato imbarazzo quando i capelli arruffati del tuo lui incontrano l’alopecia di tuo padre. Questi forse sono i momenti in cui neanche la mezza piazza aggiunta, per gentile concessione di tua madre, ti basta più per rimanere li.
Ma si resta, spesso per esigenza;  però non venite a dirmi che farsi minimo quattro lavatrici a settimana da sole è la stessa cosa che avere sul letto i panni stirati dalla mamma. I confort ci sono eccome; a meno che non abbiate una madre, come la mia, che pur di non sentirla urlare la mattina alle 7 preferite farne anche 77 di lavatrici a settimana.

Pensando al pranzo pronto e alle bollette magicamente pagate un po’ rimpiango anche io le comodità della casa dei genitori, ma ammetto che girare per il mio piccolo appartamento senza mamme petulanti e papà assillanti non ha prezzo. 
Siamo veramente sicure di rivolere il “tempo delle mele”?

giovedì 6 gennaio 2011

UNA CALZA A RIGHE DAL MIO CASSETTO


“La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte..” mi sono sempre chiesta perché Babbo Natale viene descritto come una figura sorridente, bonacciona e con abiti caldi e confortevoli, al contrario della sua compare Befana, che viene narrata come una vecchietta brutta, rachitica, curva e non curante dell’igiene visti i capelli e gli indumenti che le sono stati messi indosso. Mi ha sempre incuriosito la differenza tra queste due figure centrali del periodo natalizio. La donnina brutta e incurvata negli anni diventa il prototipo di ogni donna allo scoccare della mezzanotte del 6 gennaio. Cosi se nasci con la vagina puntualmente finisci per sentirti ripetere gli auguri per il tuo compleanno minimo due volte in 365 giorni; ma piace così, maschietti in prima linea, che ancora dopo decenni ridono della stessa battuta poco originale. Ormai per compiacere gli animi dei più, perfino noi donne ci auto-definiamo “befane” il 6 gennaio.
In questa giornata all’insegna di dolci e magie, col passare degli anni ho sempre sperato di trovare, tra un calza smagliata e un calzettone a righe, un sogno avverato nel mio cassetto. Poi guardo mia figlia sorridere mentre svuota sul mio letto un’enorme calza piena dolciumi; la seguo con gli occhi mentre saltella per la stanza rischiando una vera e propria infiammazione del colon e mi rendo conto che quella piccola diavoletta ripiena di zucchero l’ho in qualche modo creata io e che questo è il regalo più bello che potessi farmi, allora forse un po’ befana lo sono davvero; forse un pò befana, a suo modo, lo è ognuna di noi.

mercoledì 5 gennaio 2011

LA PROPRIA MELODIA NELL’ESSERE MADRE


Girovagando tra gli scaffali di una qualsiasi libreria si possono scorgere libri su libri che trattano il tema dell'essere madre, dai semplici manuali ai testi più complessi di psicologia, fino a quelli di vera e propria psicoterapia; tutti pretendono di indicarci la strada giusta per affrontare questo tanto impegnativo quanto eccitante ruolo.
Nessuno di questi testi però si ripropone di scrivere che ogni storia è a se, che ogni donna ha le sue prerogative e che ogni madre ha un suo unico e ineguagliabile percorso. Nessuno dei libri che ho acquistato in questi mesi si è preso la briga di farmi notare che esistono più differenze che similitudini tra una madre e l’altra. Tanto che, se non corrispondi per molti aspetti alla descrizione fatta, ti ritrovi in uno stato di disagio e senso di imperfezione. A tratti sconfortata inizi a porti parecchie domande, dal “forse non sono ancora pronta a diventare madre?” al “cosa avrò di sbagliato per non sentire questa sensazione?", fino a "questi aspetti comuni a tutte le madri io non li vivo! Cosa avrò di diverso?”
Con mille dubbi e sempre meno certezze ti addentri in punta di piedi, nel magico e destabilizzante mondo del web, quasi a non volerlo rivelare(perché ciò che non è comune in questa società viene nascosto, non narrato). Saltellando tra siti, forum e community che si fondano proprio sul terzo gradino della scala di Maslow: “’l’Appartenenza”, ti ritrovi più confusa di prima. Premettendo che questo istinto di uniformarsi a una cerchia è insito nell’essere umani, mi chiedevo se far parte di una schiera cosi grande e soprattutto complessa, come quella dell’esser madri, possa essere motivo di una cosi spasmodica ricerca di solidarietà e somiglianze. Alla fine della fiera, tutto questo si rivela solo un modo farti sentire più emarginata e incompetente.

Quanti ne esistono di siti, libri, forum, riviste e intere page di social network intenti a farci sentire cosi simili le une alle altre, tutte adepte di un mondo in cui solo chi ne fa parte può capirne la vera essenza. Ma sarà proprio così?
Nella mia vita ho conosciuto donne senza figli molto più materne di madri con bambini biologicamente concepiti al seguito. Io sono una madre e a breve lo sarò di una seconda bambina, da ciò che ci propinano su carta e web, dovrei saperla la verità, inoltre dovrei sentirmi parte di quella gioiosa cerchia di donne e capire il motivo di tante similitudini; eppure al di là di concetti generali e di qualche convenzione sociale ormai insita in ognuna di noi sin dall’infanzia, non mi sento parte di questo “magico” mondo. Sento di essere me stessa, unica nel mio ruolo di madre e ammetto che ho iniziato ad accettarlo e comprenderlo solo ora nella mia seconda gravidanza, a ben dieci anni dalla prima; in cui forse per la mia giovane età ne risentivo di questa autoemarginazione indotta da propagande errate.

Ogni madre ha il suo perché, il suo come, il suo quando e il suo quanto. Ogni madre ha un suo colore, differente per toni, luce e intensità. Ogni madre ha il suo profumo che varia di olio in olio; ha le sue note uniche e irripetibili impresse nel più vasto spartito della maternità. Ogni madre, come sostiene Serge Lebovici, ha in se mille e mille madri, che corrispondono a lati differenti della sua personalità.

Spesso mi capita di parlare con donne che hanno figli, con delle amiche entrare persino nell’intimo di alcune emozioni e noto che come in ogni grande esperienza della vita, anche in questa capita di sentirsi accomunate su molti aspetti, però gentilmente vi chiedo sig. autori, psicologi e amministratori di siti e forum, ditecelo che siamo molto meno simili di ciò che descrivete. Ditecelo che il pianto di un neonato non a tutte genera ira e che a volte un semplice gioco di un bimbo non a tutte crea divertimento. Ditecelo che ci sono momenti e momenti, e che noi siamo l’insieme di tutti. Smettetela di parlarci solo dei problemi comuni dell’esser madri dando risposte banali e acute come sentenze. Diteci che il reflusso gastroesofageo in gravidanza ad alcune di noi può apparire come una punizione infernale ma ad altre non tangere minimamente. Diteci che ci possiamo perdonare qualche svista nel nostro ruolo di educatrici, che non siamo tutte come “mammina76” sul forum “tal-dei-tali” che racconta di preparare ogni giorno le minestre per il suo bimbo, senza l’aiuto degli omogeneizzati e che riesce a far mangiare la bieta alla sua bimba di 5 anni. La mia a 9 anni devo inchiodarla alla sedia per farle ingurgitare una semplice foglia di lattuga. Finitela di farci deprimere raccontando modelli di mamme tutto fare, precise e accorte persino nei particolari.

Non saremo come nostra madre e le nostre nonne, in primis perché i tempi non ce lo permettono e trovo personalmente che per molti aspetti, visti i miei esempi, sia solo che positivo; secondo poi perché Noi siamo Noi, semplicemente e unicamente Noi, donne nuove, col nostro profumo e il nostro colore. Non saremo neanche come l’ideale che molte si prefissano sin dalla gravidanza. Finiamola di colpevolizzarci se ci siamo poco o se ci siamo troppo in casa, se arriviamo a fare una cosa sola e non due all’interno della giornata.

Cosa ci accomuna? L’esser madri, eterno ruolo con un inizio ma senza una fine. Per il resto siamo tutte frutto di colori differenti, ognuna a modo suo un profumo ineguagliabile, una indescrivibile melodia totalmente originale e probabilmente proprio partendo da questa idea dovremmo costruirci, giorno dopo giorno, nel nostro eterno ruolo di Madri.

martedì 4 gennaio 2011

SODDISFATTE A RATE

Le feste natalizie sono agli sgoccioli, escludendo il giorno dedicato alla Befana, dove comunque poche di noi si accingono a pranzi e cene all’insegna dell’iperglicemia; solitamente proviamo giusto a fare lo slalom tra barrette di cioccolata e caramelle di ogni tipo, sorridendo di fronte a leccornie che riemergono solo per quel giorno e che ci ricordano quando eravamo bambine e che puntualmente sono quelle che i nostri figli, nipoti e cuginetti lasciano al lato del loro gruzzoletto esclamando: “Bleee!!”.
Tornando a noi, oggi pensavo alle “DIETE POST FESTE”. Molte già avranno sbuffato, molte già avranno cliccato la  X in alto a destra. Io invece da ben quattro giorni che mi ripeto: “devo affrontare questo argomento”.
Io che in queste post feste, sono alla fine del 6° mese di gravidanza, indi per cui la mia dieta sarà giusto un modo per evitare quelle che chiamo “zozzerie”, che fino ad oggi ho accuratamente NON evitato e per diminuire le porzioni, che ancora ora guardando la mia tazza di cereali, sono spropositate per le mie esigenze. Ma come ogni anno, da buona forchetta, questo è un periodo di promesse alla mia cellulite e al mio girovita (quest’anno per me è meglio non parlare del girovita!). Promesse da marinaio, che finisco sempre a rispettare verso marzo/aprile, no forse sarebbe più giusto dire a maggio, quando sento vicina la prova costume.
Girovagando per internet è possibile imbattersi nei più svariati modi per dimagrire, cliccando su “diete post feste” escono 868.000 risultati solo su Google. Quasi mille siti che trattano di diete specifiche per chi, come me, vorrebbe fermarsi alle lenticchie e al cotechino, ma che puntualmente continua con la scusa degli avanzi o degli sconti sui pandori al supermercato.
Circa mille persone che vorrebbero consigliarci come e cosa mangiare e alla fine quasi tutte le diete non sortiscono effetti o comunque non totalmente positivi. Io sono una tra quelle che non credo nelle diete “fai da te” e forse milioni di donne la pensano come me, ma se si tratta di provare a vincere l’atavica battaglia con l’acerrima nemica Cellulite e il suo odioso compare Adipe, siamo tutte pronte ad uniformarci anche davanti a consigli spesso inutili e dannosi.  
Dalle più addentrate nel sistema, che seguono da anni la stessa dieta, ormai sicure dei risultati; alle meno avvezze che girano ancora tra riviste, internet e dietisti consigliati da amiche di amiche, sperando di incontrare l’arma giusta contro il propri kg; siamo tutte nella stessa, enorme e fottuta barca. Siamo tutte alla ricerca del nostro peso forma, anche solo nella nostra mente. In realtà con gli anni impariamo a volerci bene, chi più chi meno, ma quel fondo di insoddisfazione c’è e rimane in ognuna, dalla taglia 40 alla 50. Chi ha il seno ne ha troppo, o troppo poco sodo, chi ne ha poco sogna taglie più consistenti. Per non parlare di glutei, gambe, girovita e viso. Siamo tutte delle “Soddisfatte a rate”, cioè andiamo a periodi: oggi ci sentiamo bellissime e pronte ad accettare ogni nostro difetto come un punto di forza del nostro essere donne; il prossimo mese un solo brufolo o una sola ruga può catapultarci in uno stato di disapprovazione quasi totale per il nostro fisico. 
Alla fine della storia esistono circa 1000 modi per dimagrire, più di 1000 per migliorare ogni nostro odiato difetto…e non sarò certo io la prima ad aver compreso che in realtà qualsiasi cosa facciamo oggi, potrebbe non accontentarci domani; e sulla scia del “Panta rei”, possiamo tranquillamente affermare che come “pantiamo” noi donne non “panta” nessuno. Ma diciamocela tutta: saremo pure la schiera delle “Soddisfatte a rate” ma alla fine dei conti a molte di noi va bene così.

lunedì 3 gennaio 2011

IL PRINCIPE AZZURRO E LE DONNE SENZA LA SCARPETTA DI CRISTALLO


Giorni fa parlavo con un’amica della “consapevolezza”, traguardo ambito ma doloroso dell’età adulta. Si rifletteva su quanto noi donne ricerchiamo di consapevolizzare la nostra vita, il rapporto con gli altri, i nostri sentimenti, etc etc.. e quanto poi è doloroso arrivare alla meta e assimilare il tutto. Perché di questo si tratta: di una vera e propria assimilazione dell’oggetto, della sensazione, dell’evento, etc. Nello specifico parlavamo di rapporti con i propri partner.
La caduta dell’ideale del principe azzurro arriva per tutte, chi prima e chi dopo raggiungiamo quello stato di perfetta instabilità che è solo il preludio del cammino di consapevolezza che ci accingiamo a percorrere nella nostra sfera sentimentale. Il principe azzurro non esiste e non ce lo dicono da bambine; i matrimoni nelle favole sono la fine del libro e non l’inizio. Il giovane a cavallo è aitante, premuroso, virile e dolcissimo, soprattutto è perfetto per la sua principessa; ma non ci viene reso noto che quel personaggio come il drago cattivo, è inesistente nella realtà. Conosco donne che si rendono conto di questa importante verità, ma che purtroppo non sono riuscite ancora a consapevolizzarla: sono le donne “senza scarpetta di cristallo”. Come riconoscerle? Beh una di queste sono io! Noi donne che non crediamo più nelle favole ma che non ci siamo neanche totalmente svegliate dal magico incantesimo che queste riversano su di noi ; diciamo di non credere nel principe azzurro ma poi ce la prendiamo se un uomo non è simile all'idea che ci siamo fatte di lui.
Sempre parlando con questa mia amica è nato l’esempio del primo appuntamento.  Esci con un fantomatico "lui", senza grandi aspettative e ti ritrovi anche piacevolmente sopresa di aver vissuto una cosi bella esperienza . Non appena tornata a casa già pensi a come rivederlo...e alla fine ci riesci pure. Dopo poco arriva il problema, è cioè dal ricordo di quelle belle emozioni, si passa ipotizzare eventuali contesti, dialoghi e perfino gesti dell’appuntamento successivo. Scenari assolutamente irreali che ti scorrono davanti e in un attimo diventi una regista perfetta, accurata nei dettagli e impeccabile nella sceneggiatura; al  tuo confronto Spilberg potrebbe sembrare un dilettante.
Arriva il tanto atteso appuntamento e giustamente non è mai come te lo sarai immaginato nei giorni precedenti e te ne accorgi sin dai primi momenti. Questo ti provoca già un leggero fastidio di cui non sai inizialmente spiegarti la causa. Poi alla prima frase o, peggio ancora, al primo gesto che reputi inopportuno ecco che l’appuntamento tanto sognato si trasforma in un incontro da dimenticare; indi per cui, per le più esigenti, quell’uomo potrebbe essere da cestinare.

La maggior parte delle volte, se non sempre, care colleghe “senza scarpetta di cristallo”, quell’uomo non è così diverso da come era nel primo appuntamento; ciò che cambia è come lo vediamo noi, in base alle aspettative che ci siamo create. Pensate a questo atteggiamento “spalmato” su una storia di anni quanti sogni delude, quanti momenti di vita insieme ci fa perdere e quante separazioni ci fa vivere.
Le aspettative create sulla base di ciò che vorremmo e non su ciò che l'altro è, possiamo considerarla la prerogativa principale di noi donne “senza scarpetta di cristallo”.
Tra l'altro donne intelligenti, brillanti, che amano infinitamente; ma che ancora non hanno consapevolizzato che l’altro non è noi, che la nostra visuale non è la sua, che non è possibile misurare con un metro di misura così soggettivo anche i pensieri del nostro partner. Noi che noi non siamo le artefici del reale, che non siamo le principesse del libro che tenevamo da bambine sul comodino, noi che non riusciamo a consapevolizzare veramente che l’inchiostro, con cui scriviamo il nostro personaggio, non può scrivere anche gli altri.
Siamo “senza scarpetta di cristallo” perché non esiste nella realtà una scarpetta di cristallo; qui dove i draghi e le streghe hanno i volti di vicini e parenti, il principe azzurro lo troveremo solo quando consapevolizzeremo che quell’uomo che ci dorme accanto, senza addossargli mille aspettative, è meno imperfetto di ciò che appare.